22 luglio 2010 by Marco
Chi ci ricorda / 7
La gloriosa rubrica di confronti canzonettari ritorna qui con un bizzarro accoppiamento vintage-camp.

Nell’anno di grazia 1974, Brian Eno, fuoriuscito dai Roxy Music ancora carico di piume e paillettes ma già geniale manipolatore di suoni, mette mano alla sua prima prova da solista, lato canzoni pop eterodosse, tra residui di glam e sperimentazioni geniali, che anticipano e tracciano la via di quasi tutto ciò che di buono sarebbe apparso sulla scena nei successivi vent’anni o giù di lì. Baby’s on fire è il suo primo singolo, che vede tra gli altri illustri ospiti Robert Fripp alla chitarra.
In quegli stessi anni, un giovane artista milanese, Ivan Cattaneo, cantante tra i primissimi a dichiararsi gay militante, si muoveva nei territori “alternativi” e creativi, anch’egli saturo di fondotinta e buone idee. Apparentemente originalissime, ma in realtà con un orecchio e forse due rivolte oltremanica, e proprio lì dove Eno aveva cominciato a seminare le sue intuizioni da non musicista mentre stappava il flacone di struccante. La somiglianza di L’elefante è capovolto?, uscito come singolo nel 1976 per la produzione di Roberto Colombo, allora considerato il Frank Zappa italiano, col brano di Eno, oggi pare evidente. Ma in un contesto nazionale in cui i modelli dominanti erano tristissimi cantautorate “impegnate” o terribili prolissità progressive, quel riferimento era una boccata d’aria fresca.
Poi venne Italian graffiati, e poi ancora Music Farm, e poi non saprei. Ma questa è un’altra storia.
Brian Eno: Baby’s on fire / Ivan Cattaneo: L’elefante è capovolto?
- Brian Eno: Baby’s on fire (single version) (1974)
- Ivan Cattaneo: L’elefante è capovolto? (1976)
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21 agosto 2007 by Marco
Chi ci ricorda / 6

Avreste mai sospettato che uno dei più famosi (forse IL più famoso) riff rock (quel rock bello tosto, sudato, borchiato, capelluto), riff composto nei primi anni ’70, è quasi identico al tema strumentale di una languida bossa nova, scritta da Vinicius De Moraes (ed arrangiata da Gil Evans), uscita nel ’65?
Bè, sentire per credere. Il riff è quello di Smoke on the water dei Deep Purple. La canzone è Maria Quiet di Astrud Gilberto (mi dicono che ultimamente Nicola Conte ne abbia fatto una cover di un certo successo. Se qualcuno sentendola non si era accorto della somiglianza, mi stupisco. Se se ne sono accorti e la cosa è stata dibattuta, per quanto d’importanza marginale, faccio ammenda. Meglio tardi che mai). Dopo il riff, le due canzoni divergono decisamente. Vi lascio indovinare quale delle due direzioni preferisco.
Astrud Gilberto – Deep Purple
- Astrud Gilberto: Maria Quiet (Maria Moite) (1965)
- Deep Purple: Smoke on the water (1972)
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8 febbraio 2007 by Marco
Chi ci ricorda / 5 bis
Questo post è un’integrazione all’ultimo chiciricorda (già piuttosto vecchio). Dunque, se il gentile navigatore desidera un’informazione completa, è pregato, laddove non l’abbia già fatto, di leggere / ascoltare la necessaria premessa.
Detto questo, veniamo al dunque. La mia amica L., che si appresta a celebrare i suoi quarant’anni con una grande festa danzante, mi ha pregato di confezionarle una compilation per la bisogna, all’insegna della disco ‘70-’80. Cosa che ho scrupolosamente fatto, attingendo ad un repertorio che, come molti, aborrivo da adolescente ed oggi mi procura brividi di godimento proibito. Immergendo le mani dentro questo ribollente calderone, tra una palla di specchietti rifrangenti, un flacone di paillettes, alcune giacche bianche e un tubo di Tenax, ho (ri)trovato tra gli altri reperti canori un paio di favolosi pezzi che hanno in comune il periodo, il riff telegrafico di cui sopra (per il sopra, vedi sopra) e le interpreti, due figure gloriose della mitologia camp, due icone gay, due personaggi ‘oltre’: Raffaella Carrà e Gloria Gaynor.
E ho detto tutto, direbbe Peppino. Chi ci ricorda, e chi le ricorda? Tra i miei coetanei, tutti, credo. I più giovani, senz’altro riconosceranno la canzone che ha rilanciato nelle charts qualche anno fa Geri Halliwell (però vuoi mettere con Gloria?). Ma la vera perla è Rumore. Un pezzo che, detto senza ironia, a risentirlo adesso, non è affatto male, anzi, ha un tiro da fare invidia. E tutt’e due telegrafano, telegrafano…..
E un telegrafo scrupoloso – a post già scritto – mi ha fatto rendere conto del fatto che in realtà It’s raining men non era cantato da Gloria, ma da un gruppo che si chiama The Weather Girls. Che volete, sulla rete circolano un sacco di files approssimativi (oops! l’ho detto!…) e così apocrifi di ogni tipo traggono in inganno il pover’uomo non espertissimo (io forse sono un po’ esperto d’altro, ma non sono certo un filologo della disco). Comunque tutto ciò non sposta di molto quanto ho scritto, e faccio ammenda mettendoci una foto anche delle due grassone. Ecco.
Camp telegram
- Raffaella Carrà: Rumore (1974)
- The Weather Girls: It’s raining men (1983)
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18 settembre 2006 by Marco
Chi ci ricorda / 5
Riprende dopo un bel po’ di pausa questa rubrichetta di filologie e somiglianze nell’ambito delle canzonette che mi piacciono tanto.
Questa volta, più che una similtudine si parla di un vero e proprio stilema, un elemento simile se non sempre identico che ha attraversato decine di canzoni pop: Quello che potremmo definire il riff telegrafico: una veloce ripetizione ritmica della stessa nota sopra una successione di accordi, ripetizione che da, appunto, un vago senso di ticchettìo morse che si diffonde nei cavi o nell’etere. E in qualche caso, in palese analogia con la storia raccontata nel testo.
Qui, ne ho prese quattro, di queste canzoni telegrafiche. Quelle che ricordo meglio, forse le più belle. Senz’altro delle gran canzoni, ed anche piuttosto diverse tra loro.
Procedo cronologicamente: la prima (non so se in assoluto, ma certo la più vecchia del pacco) è la strafamosa You keep me hangin’ on, uscita nel 1966, pietra miliare del repertorio Motown, interpretata da Diana Ross & The Supremes e da svariati altri negli anni successivi. Comincia col famoso piripippirippi e ne fa il suo tema conduttore. Apparentemente nessun nesso con il testo.
Seguono due canzoni del 1968: la prima è Giovanni telegrafista di Enzo Jannacci. Era il lato B di Vengo anch’io no tu no ed è un piccolo capolavoro misconosciuto (pare che recentemente ne abbiano fatto una cover i Folkabbestia). In questo caso, com’è evidente, la trovata musicale va di pari passo col testo, molto bello, che parla di
Giovanni telegrafista …
Ellittico da buon telegrafista,
tagliando fiori, preposizioni
per accorciar parole, per essere piu’ breve
nella necessita’, nella necessita’……
L’altra è Wichita Lineman, splendida ballata pop scritta da Jimmy Webb per Glen Campbell, entrambi conosciutissimi in America e pressochè ignorati qui. Anche in questo caso il testo crepuscolare che parla di un uomo che lavora sui pali del telefono e si innamora di una voce che sente per caso attraverso i fili, trova un’eco nel riff che segue il ritornello. Questo pezzo è stato reintrepretato tra gli altri da Ray Charles, dai REM, dai Prefab Sprout e, pensate un po’ (direbbe Mike Bongiorno), in italiano dai Nomadi…
Conclude la sequenza un altro pezzo celeberrimo: Starman di David Bowie, del 1972. Qui il telegramma precede il ritornello piuttosto che seguirlo, e sembrerebbe evocare le comunicazioni attraverso le distanze cosmiche…
Piripirippi.mp3 (547 Kb)
- Diana Ross & The Supremes: You keep me hangin’ on (1966)
- Enzo Jannacci: Giovanni telegrafista (1968)
- Glen Campbell: Wichita Lineman (1968)
- David Bowie: Starman (1972)
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16 marzo 2006 by Marco
Chi ci ricorda / 4
Ho tenuto in standby per qualche giorno questo chi ci ricorda. Aspettavo a pubblicarlo perchè, trattandosi di Genesis, quelli buoni, quelli di Peter Gabriel, ovvero quelli di un secolo fa, mi sembrava il caso di aspettare la conferma o la smentita del recentissimo rumour che parlava di una reunion in grande stile del gruppo, 30 anni dopo la dipartita di Gabriel. Oggi, come sospettavo, è arrivata la smentita. Dunque facciamo finta di niente e ricordiamoci com’erano belli quei dischi, nonostante tutto. Magari attraverso degli epigoni (quelli dignitosi, che quelli pessimi ci hanno afflitto per anni….). Gli Air, per esempio.
Questi giovinotti francesi hanno fatto due o tre dischi molto belli, pieni di umori e sapori degli anni ’70 più discreti ed “ambientali”. Pink Floyd, Gainsbourg, colonne sonore d’epoca, e vario materiale citazionistico, ma con gusto e talento. E, a quanto pare, non potevano mancare i Genesis, nelle loro referenze. Sentire per credere.
Air-Genesis.mp3 (819 Kb)
- Genesis: The fountain of Salmacis, da Nursery cryme (1971)
- Air: Mike Mills, da Talkie Walkie (2004)
- Genesis: Firth of fifth, da Selling England by the pound (1973)
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Tags: air, canzoni, genesis, musica, peter gabriel, somiglianze
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24 febbraio 2006 by Marco
Chi ci ricorda / 3

Tra le musiche che più ho ascoltato ed amato negli anni passati, c’era quella della Penguin Cafe Orchestra. Violini, ukulele, pianoforti, glockenspiel, elastici, segnali telefonici e percussioni africane, Bach, la musica etnica e il music-hall: note inclassificabili, strambe, dolcissime, sentimentali ed ironiche che hanno reso migliori molte delle mie giornate. Poi il loro leader, Simon Jeffes, è morto a cinquant’anni ed io, senza rendermene conto, ho quasi smesso di ascoltare quei dischi. Più recentemente, quando la mia passione per Brian Wilson ed i Beach Boys è diventata ossessiva al punto da farmi comprare quasi tutti i loro dischi, la sorpresa: Metto su per la prima volta il disco “Carl and the passions – So tough”, del 1972. Parte la prima canzone. Già quell’accordo ribattuto all’inizio mi suona familiare, poi…. a un certo punto c’è un break e inizia un riff ancora più familiare. Praticamente identico ad uno dei temi di “Penguin Cafe Single”, il primo pezzo del primo disco della PCO, uscito nel 1976 per la Obscure di Brian Eno. Quello che io conoscevo come un brano di assoluta originalità, al di fuori di ogni schema conosciuto, in realtà aveva un precursore preciso, inequivocabile. E come al solito, a monte, c’era il vecchio Brian. E’ davvero strano. In apparenza questi due pezzi sono il sole e la luna: di qua un rock’n’roll energetico e luminoso, di là una musichetta acustica retrò, classicheggiante, languida, quasi da caffè-concerto, anni luce lontana da tutto ciò che suona vagamente rock. Eppure sono l’una la derivazione dell’altra. Non può essere un caso: i legami sono troppo evidenti. E’ stato emozionante, per me. Un po’ come se ti rendessi conto che due amici, due persone a cui hai voluto molto bene in periodi diversi della vita, si conoscevano tra loro prima di incontrare te.
Beach Boys-Penguin Cafe Orchestra.mp3 (737 Kb)
- The Beach Boys: You need a mess of help to stand alone, da Carl and the passions – So tough (1972)
- Penguin Cafe Orchestra: Penguin Cafe single, da Music from the Penguin Cafe (1976)
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