Diario

Dualismi

Millenarie sapienze, tanto in oriente quanto in occidente, ci rivelano che la realtà è in gran parte costituita da opposizioni, antitesi, entità alternative. Che la diade dialettica arrivi ad una sintesi che le riconcili o che lo yin e lo yang trasmigrino e trasfigurino incessantemente l’uno nell’altro, nell’eterno ciclo cosmico, il concetto resta sostanzialmente quello, da Platone a Lao Tse.

due manifesti allineati, uno del candidato Marco Mansueto (pdl), l'altro del candidato Salvatore Guerriero (PD)

E alla perenne ruota karmica non è sfuggita la nostra campagna elettorale, complice il caso o una volontà forse superiore e benigna, forse prosaica e beffarda. Fatto sta che l’accoppiamento murale dei due candidati che vedete nella foto, sembra essere una pur minima eco della Legge Universale di cui sopra. Un candidato Mansueto ed un candidato Guerriero, appaiati e distinti. Polarità contrapposte, come del resto gli schieramenti cui appartengono.

Certo, fa riflettere il fatto che il politico berlusconiano sia Mansueto e quello del PD Guerriero. Ma è facile trovare il senso superiore di questa decisione del fato. Potrebbe essere altro che mansueto un esponente del Partito dell’Amore? Mansueto come il fedele ovino, pronto a seguire il Gran Pastore delle Libertà in ogni sua scelta. E, d’altra parte, come negare la bellicosa energia virile di un partito guidato da Rosy Bindi, che sostiene l’intervento militare in contrapposizione ai perplessi mansueti amici del Rais di Tripoli, e denso al suo interno di esponenti pronti alla pugna per far prevalere il proprio punto di vista?

Come vedete, ogni cosa ha il suo perché.

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Un candidato piccante

Il candidato Antonio Esposito, la cui faccia emerge da una fitta siepe di peperoncini rossiE’ una buona idea immettere degli elementi che diano sapore ad una campagna elettorale talvolta insipida, o che sa di minestra riscaldata.

Il candidato qui raffigurato, ispirandosi senz’altro a modelli rinascimentali, con un tocco di Arcimboldo, emerge da un fitto boschetto di peperoncini piccanti, suggerendo così la sua ricetta per vivacizzare la politica locale. Il suo pensoso volto s’integra perfettamente alla caustica cornice: pare infatti rappresentare sensibilmente l’essenza stessa del puparuolo.

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Facce al muro 2011: esalogo dell’evangelista

Nonostante tutto, la politica ci può regalare qualche momento di buonumore, se si ha lo stomaco abbastanza forte. E i manifesti elettorali sono, generalmente, una miniera di umorismo involontario.

Volantino del candidato Amodio. Il testo recita: Sono un evangelista prestato per un tempo alla politica e il mio ideale è Gesù. Ho un grande amore per la mia Terra e per il Napoli, i miei valori sono: onestà, legalità, giustizia, riconoscenza educazione e amore e rispetto per il prossimo. Se sono anche i tuoi valori (al di là delle tue idee politiche), votami. Se non lo sono, votami lo stesso! ll mío obiettivo è dare il mio contributo per migliorare le cose in questa nostra bellissima città che per secoli è stata governata da malfattori senza scrupoli. Se invece non mi volete votare, votate per chi avete sempre votato e vi troverete:  l. Voi, con i pullman sempre più afollati e loro... con automobili sempre più lussuose e spaziose.  2. Loro sempre più eleganti... e voi... sempre in fila al mercatino!  3. Loro... nella tribuna numerata e voi sempre in curva B. 4. Loro in villeggiatura ai Caraibi e voi sempre al lido "mappatella". 5. Loro a fare "Bunga Bunga" con le squillo di lusso e voi... sempre con l'abbonamento a "superpippa” 6. A voi... il grande fratello e loro con tua sorella! Una cosa però vi consolerà la monnezza sarà per tutti.Riparte quindi dopo qualche anno la gloriosa rubrica di questo umile blog, che ha avuto in passato momenti di rionale successo (con qualche fraudolenta punta nazionale). Spero di mantenere una frequenza regolare, quotidiana: il materiale non manca. Ed ecco il primo, succulento reperto (cliccare per ingrandire).

Avvistato su un consunto muro di Via Chiatamone, il ciclostilato conferma quanto il partito di Di Pietro sia aperto a tutti, ma davvero a tutti, come dimostrano numerosi precedenti, e, in particolare, abbia una decisa inclinazione al candidato mistico. D’altronde, per sconfiggere l’Unto del Signore, è necessario mobilitare ogni forza utile, anche l’esorcista, se necessario. Il minaccioso elenco di conseguenze del mancato voto al candidato, venato di tagliente sarcasmo, dovrebbe far riflettere ognuno di noi.

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Evidenze

La realtà, mi ripeto sempre, è più complessa di come tendiamo a ridurla, soprattutto quando si tratta di giudicare le persone, il bene, il male, la virtù, la saggezza, l’inettitudine. La semplificazione, lo stereotipo ci possono lenire la fatica, ma sono dannosi alla nostra comprensione del mondo. Salvo eccezioni.

Oggi, ero seduto, solo, ad un tavolo del McDonald, lo sguardo abbandonato indistintamente tra la folla di persone che lo riempivano. Di fronte a me una ragazza leggeva un giornale, alla mia sinistra un un uomo e una donna parlavano tra loro. A un tratto con la coda dell’occhio intercetto un cappello da baseball in avvicinamento, impugnato, l’interno verso l’alto, da una mano appartenente ad un ragazzo di colore. Situazione classica. Arriva il previsto “Scusa, signore…”. Scuoto la testa senza voltarmi, come faccio quasi sempre, anche se queste situazioni mi turbano sempre un po’. Sono complesso anch’io, sapete, e contraddittorio come tutti. Ma almeno gli comunico qualcosa che non sia semplicemente un’attestazione d’invisibilità totale. E infatti non insiste, e passa oltre, al tavolo dove stanno l’uomo e la donna. Ripete “Scusa, signore” un paio di volte quasi senza che lo percepisca. Dalla mia sinistra arriva una voce d’uomo alterata, arrogante: “Ma che vuoi?!.. Stai ancora qua? E insiste pure!…”. Il ragazzo svanisce come un ectoplasma mentre il tipo continua a blaterare sdegnato. Dopo poco, i due fanno per alzarsi. Lei accenna il gesto di prendere dal tavolo il vassoio con gli avanzi. Lui le dice “Che fai? Lascia, lascia”. Se ne vanno. Alla mia sinistra resta un tavolino vuoto con un vassoio unto, cartoni, bicchieri.

La realtà è più complessa di come tendiamo a ridurla, certo. Ma talvolta ci offre dei momenti di illuminazione. Ci mostra un’ adamantina immagine, senza rimorsi, senza ripensamenti: ecco uno stronzo. La realtà ci sembra semplice e chiara. E ci consola: la nostra, indubbia, stronzaggine, almeno è più complessa. Quindi, probabilmente, più reale.

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Pelikan

portatimbriCi si può commuovere guardando, nel reparto amministrazione di un ufficio, una fila di timbri, perfettamente ordinati in una scatola sopra uno scaffale? Si può, io ho potuto. Oggi alle 18, aspettando che Giovanni finisse il lavoro, per darmi un passaggio. Osservavo la minuziosa disposizione dei timbri autoinchiostranti, uno vicino all’altro, ognuno con la sua etichetta sotto il cappuccio di plastica trasparente, che riportava la completa intestazione delle varie società, e poi l’altro gruppo, per vari usi: assicurata, il legale rappresentante, iva assolta ai sensi.

E mi è venuto in mente mio padre.

Uno struggente sentimento di perdita. Non solo la sua, individuale, ma quella, estesa, di ciò che lui aveva costruito. Il suo negozio. Il nostro. Ciò che lui aveva costruito e che ha costruito -o quanto meno nutrito- me, noi, la sua famiglia.

Nei miei momenti più distruttivi lo ricordo inutilmente “metodico”, e in quelle ossessioni mi rispecchio per disprezzarmi. Faceva liste anche lui, aveva il culto del dettaglio ordinato, preciso e non necessariamente utile. Scriveva ordinatamente a macchina le prescrizioni per la sua dieta, indicate dal medico, poi attaccava il foglio ritagliato sul muro della cucina. E non la rispettava mai. Un giorno la gettai con rabbia nella spazzatura. Si raccomandava con me, quando già cominciava a star male spesso, di chiamare, nel caso, quel certo numero di servizio ambulanze che era convenzionato con la sua associazione di commercianti anziani, ed io scalpitavo d’insofferenza: se ti senti male sarà l’ultima cosa a cui penserò, quel numero, mi dicevo e gli dicevo.

Ma la storia dei timbri, no, quella è un’altra cosa.

Lui faceva bene il suo lavoro, il meglio che poteva. A suo modo, da autodidatta metodico. Ed ora non c’è più nulla, se non, appunto, un’onda di ricordi, di fantasmi. Tutto dissolto, sparito, compreso il benessere costruito e dissipato.

Quei vecchi timbri di metallo legno e gomma, il pomello rosso laterale che, girando, cambiava la scritta che avrebbe stampato sulla carta dopo aver premuto bene sul tampone STAMPE NON TRASFERIBILE PER QUIETANZA ESPRESSO PAGATO. O il datario, con le rotelline che facevano girare giorni, mesi mozzi GEN FEB MAR, un numero finito di anni a quattro cifre del secolo scorso. Ci ho giocato a lungo, da bambino, per non annoiarmi troppo dietro al bancone. Da bambino ho sognato uno di quei timbri che mi annunciava la data della mia morte. Lo tenevo tra le mani sporche d’inchiostro violetto e leggevo quella data che non ricordo, invertita prima, sulla gomma, stampata poi, sul foglio. Era una data di settembre o novembre, ed aveva molti uno. Era una data dritta, acuminata.

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Toccare il font

Manifesto de la destra in occasione del gay pride: famiglia tradizionale: uomo, donna, figli contro ogni aberrazionePer le strade di Napoli in questi giorni, a ridosso del Gay Pride, è comparso il grazioso manifesto che vedete qui a fianco.
Ora, io credo che spesso i dettagli marginali siano altrettanto o più rivelatori che la sostanza del messaggio. Questo manifesto è aberrante, certo, per ciò che dice. Ma avete notato come ce lo dice? Effetto photoshopparo da quattro soldi (forse la malcapitata “famiglia tradizionale” nella foto non voleva farsi riconoscere, e te credo). Ma soprattutto, trionfa il carattere Comic Sans MT. In rosso bordato bianco su fondo blu con effetto ombra. Probabile Wordart.

Come dire. Modernità, dimestichezza con la tecnologia ed efficacia nella comunicazione.

Mentre mi confermo ogni giorno di più che chi usa il Comic Sans non è necessariamente un cretino (sono un tipo laico e tollerante), ma va guardato perlomeno con sospetto, scopro che  c’è chi la pensa diversamente. Ma spero sia solo un paradosso.

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