8 gennaio 2008 by Marco
Questo è un periodo nel quale si affollano avvenimenti pubblici da prima pagina che in qualche modo mi riguardano, che mi sono fisicamente prossimi. Io vivo al centro di Napoli e lavoro spesso a Pianura. E, nel difficile momento anche personale che sto attraversando, non mi è facile “commentare” gli eventi pur così vicini alla mia vita. Mi è difficile in genere, per l’orrore che ho delle retoriche, dei luoghi comuni, delle indignazioni e rabbie a un tanto al chilo, delle sicumere di chi ha capito tutto.
Anche per questo, forse, mi è piaciuto particolarmente l’articolo che Raffaele La Capria ha scritto oggi sul Corriere della sera.
Io so. Così iniziava un famoso articolo di Pasolini. Lui sapeva o presumeva di sapere, insomma aveva un’idea precisa nella testa di quel che era il Palazzo del potere. Ma io come posso cominciare questo articolo sulla monnezza a Napoli, come posso se non con un accorato: Io non so.
(…)
Tempo fa, più di dieci anni fa, avevo scritto: «Napoli è una città intellettualmente vivace, dicono. Mostre, convegni… poi esci dalla mostra e dal convegno e ti ritrovi con sdegno in una strada così lontana dalla cultura a causa della lordura, che inevitabilmente sei portato a pensare: Ma non sarebbe meglio, in nome della cultura, cominciare prima a pulire il vico (vicolo) e poi occuparsi del Vico (autore de “La Scienza Nuova”)? » Ma questi sarcasmi che allora compensavano la mia indignazione oggi non bastano più, torna meglio quel detto di Nietzsche: «Nessuno mente più dell’indignato».
Questi sono solo un paio di passi, ma vale la pena di leggerlo tutto. Nella parte finale, La Capria si chiede come mai tutto il dichiarato e parossistico amore che i napoletani hanno per Napoli (e, aggiungerei io, il suo rovescio speculare, l’odio implacabile che spesso gli si accompagna o lo sostituisce, e che è fatto della stessa pasta retorica ed acritica) non li hai mai portati a riflessi responsabili, al di là delle retoriche delle indignazioni e dei cinismi rassegnati.
E’ una domanda fondamentale, credo. Che dovrebbe portare a riflettere su certi atteggiamenti diffusi, che si esemplificano nei concetti tipo “Napoli è anche altro”, ”Napoli non è solo camorra”, nei giornalisti e nei politici partenopei che si indignano con tipico riflesso sciovinista quando chiunque non sia napoletano osi parlare criticamente di Napoli camorra monnezza e degrado, (versione “alta”) o, (versione “bassa”), nell’immagine da incubo, su cui non si è riflettuto secondo me abbastanza, di Gigi D’Alessio che brucia sul palco la copia dell’Espresso con il famoso reportage di Giorgio Bocca.
Tutto questo meriterebbe una riflessione lunga, che ora non mi sento di affrontare. La butto lì, per ora, come avete letto. Varrà la pena di ritornarci, se sopravviveremo a queste giornate.
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12 luglio 2007 by Marco
Chi mi dirà se stai nel perduto
labirinto di fiumi secolari
del mio sangue, Israele?
Jorge Luis Borges
Martedi scorso sono stato ad uno dei più bei concerti cui abbia assistito negli ultimi anni, ed è stato un evento abbastanza inaspettato. Si trattava di Noa, accompagnata dal Solis String Quartet e da Gil Dor. La scaletta consisteva esclusivamente in canzoni napoletane classiche.
L’aggettivo che mi sembra più adatto ad esprimere il succo di quel che ho ascoltato e visto è: emozionante. Sono stato, letteralmente, con gli occhi lucidi per tutto il tempo, ed è davvero cosa rara, oggi come oggi. Ogni diffidenza, ogni barriera critica razionale, ogni tentazione di snobismo sono venuti meno di fronte ad un piccolo miracolo artistico. Una (bravissima, lo sapevo già) cantante ed autrice che viene da Israele, che nasce come star pop nel mondo anglosassone e che, senza tema di smentita, è oggi la migliore, la più brava e genuina interprete di una tradizione che -formalmente- non le appartiene, ma che in realtà è riuscita a far sua ed a esprimere con una verità, un emozione ed un respiro che nessun’altra o altro interprete vivente, per quanto napoletano, si sogna.
La sua voce straordinaria è un mezzo, non un fine (è questa la differenza tra i virtuosi e gli artisti). Uno strumento per esprimere senso ed emozione. Così come gli arrangiamenti per chitarra e quartetto d’archi, perfetti, impeccabili. “Giusti” senza essere ovvi. Al di là di qualsiasi inutile disputa tra tradizione e contemporaneità. Intelligenti e discreti: esattamente ciò che serviva.
Un effetto collaterale, del tutto imprevisto, di questo concerto è stato anche una temporanea riconciliazione personale con questa Città, con la quale ho ormai da tempo un pessimo rapporto. Almeno per la durata dello spettacolo, ho avuto un senso di alleggerimento, di riconoscimento, di ritorno a casa. Potevo identificarmi in quel discorso sentimentale. Ed ho potuto farlo perchè un altro magnifico regalo di Noa è stato il portare il “sentimento napoletano” su un orizzonte evocativo allargato. Su uno scenario identitario non limitato ad un golfo, ma all’Europa intera, a quanto di ebraicamente cosmopolita -sorprendentemente- circola nel nostro sangue, nel mio, in quello di Noa e Gil, in quel “fiume del sangue” Borgesiano cui nessuno può illudersi di sfuggire, e in cui si può felicemente ritrovare un’identità allo stesso tempo specifica ed allargata. Sentivo Era de maggio e mi sembrava di stare allo stesso tempo a Napoli e a Parigi, oggi e un secolo fa, senza nessun contrasto. Ascoltavo la versione in ebraico di Lily Cangy (già abbastanza ironicamente cosmopolita di per sè: chi me piglia pè francesa, chi me piglia pè spagnola…) e mi sembrava di sentire Marlene Dietrich nella canzone di Lola dell’Angelo Azzurro. L’Europa. Orizzonti che si allargano. L’Europa, molto più che l’abusato Mediterraneo. L’Europa fecondata dalla diaspora, dal dolore e dall’arte di chi ci ha errato nei secoli ed ha contribuito a costruire il meglio della nostra cultura. Il mondo, lo sguardo e l’emozione davvero globali. L’esatto contrario del nazionalismo e dell’ignoranza strapaesana e camorrista.
Mi spiego meglio. Ed apro una parentesi. Read more »
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26 marzo 2007 by Marco
Venerdì sera, la mia amica M. esce da un locale in zona Chiaia, e vuol prendere un taxi per tornare a casa, nel quartiere Sanità. E’ circa l’una di notte. Piove a dirotto.
Il tassista dice che non vuole portarla, almeno non proprio a casa. Ha paura della zona. La sera prima, è stato ammazzato nei dintorni l’ennesimo camorrista. Confabulano per un po’. Quando fa il gesto di rivolgersi ad un altro tassista, quello accetta di portarla. Durante il percorso brontola sgradevolmente, quasi ostile.
Arrivati alla Sanità, M. gli dice che se non vuole arrivare proprio sotto casa, può lasciarla fuori al vicolo dove abita. Si fermano lì. Continua a piovere molto. Lei scende dal taxi. Appena scesa, è travolta e buttata per aria da un’auto a folle velocità. Cade a terra, semisvenuta e con la percezione di essersi fatta molto male. Intuisce che l’auto investitrice non si è fermata, e che il taxi è andato via. Sta per svenire. Per terra, sotto la pioggia.
Poi percepisce due persone che confabulano animatamente. Uno cerca di convincere l’altro che nunn’a può lassà nterra accussì. Chesta sta male. L’altro ribatte che non la può portare in ospedale. Passa un guaio. Non tiene l’assicurazione. Alla fine sente che due persone la caricano in macchina. Dolore atroce. Durante il percorso, il guidatore, quello che l’ha investita, le ingiunge di non dire per nessun motivo che è stato lui. Lei dice ok, ok, direbbe qualsiasi cosa pur di andar via da lì, farsi curare. Di malavoglia viene portata all’ospedale della zona. Al pronto soccorso dicono che l’investitore è scappato. Non si meravigli, succede spesso da queste parti commenta l’infermiere. La trasferiscono in ambulanza al CTO. Le fanno le radiografie: frattura scomposta di tibia e perone, spostamento della rotula, possibile rottura dei legamenti. Dovrebbero ricoverarla lì, ma non c’è posto. La riportano all’ospedale della Sanità, reparto chirurgia d’urgenza. Nel letto a fianco al suo, c’è la moglie del camorrista ucciso la sera prima, colpita di striscio da una pallottola.
I parenti ed amici di quel camorrista, poche ore prima hanno messo sotto assedio il pronto soccorso. Volevano sapere se era vivo o morto, non glielo dicevano. Quando hanno visto entrare il carro funebre, hanno assalito la polizia. Decine di persone. Parabrezza delle volanti rotti a colpi di casco, tergicristalli divelti, agenti contusi. Hanno dovuto chiamare rinforzi e disperderli a manganellate.
Il giorno dopo, a Barra è stato ucciso un altro camorrista.
Il giorno dopo, M., guardando in borsa, si è accorta che qualcuno le aveva rubato i soldi. Venticinque euro.
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11 maggio 2006 by Marco
La politica non dovrebbe essere tra i principali interessi di questo blog, almeno nelle intenzioni. Tuttavia, mi sono reso conto che ultimamente -forse per l’attualità elettorale- questo argomento sta prendendo sempre più spazio. E allora, tanto per confermare questa tendenza, mi sento adesso di fare un paio di riflessioni – da semplice cittadino – su un argomento particolare: le elezioni comunali a Napoli.
In questa città, da cinque anni governa una giunta di centrosinistra guidata da Rosa Russo Iervolino. Questi cinque anni, nella mia percezione e in quella della quasi totalità delle persone che conosco (quasi tutti elettori di centrosinistra) sono stati pessimi. Il degrado della qualità della vita (nei banali termini della sicurezza, del traffico, dei rifiuti, del funzionamento dei servizi pubblici in genere) e la stagnazione sociale ed economica sono realtà evidenti a chiunque. La classe politica -una delle peggiori in assoluto nel paese- sembra interessata prevalentemente a gestire e spartire le proprie piccole giurisdizioni di micro o macropoteri, clientele, ed “equilibri”. Questa non è l’analisi di un esperto o un politologo. E’, ripeto, una sensazione, un sentimento. Forse sarà del tutto sbagliato, magari è cominciato un nuovo Rinascimento Napoletano, e non ce ne siamo accorti. Ma foss’anche così, sarebbe comunque un problema, se non altro di comunicazione.
Che invece la sensazione fosse realistica, lo aveva dimostrato il fatto che, al momento di definire le candidature in campo, la stessa Iervolino aveva deciso saggiamente di non ripresentarsi. Era lapalissiano che fosse -appunto- impresentabile.
Poi, dovendo scegliere un nuovo candidato, è probabile che l’oligarchia politica Demitian-Bassoliniana con contorno di frattaglie non sia riuscita a trovare un compromesso che salvaguardasse… il futuro della città? Un progetto politico di ampio respiro riformatore? Al limite, ammettiamo anche, il semplice mantenimento della maggioranza?… Read more »
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