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Spero di sbagliarmi

ernesto nathanMi ripromettevo di scrivere questo post dopo le elezioni. Una riflessione che dalle elezioni parte ma forse arriva altrove. E trova un’espressione, una frase fatta. Quest’espressione è “spero di sbagliarmi”. Volevo pronunciarla a proposito del neosindaco di Napoli, che ha suscitato e suscita la mia massima diffidenza, che ha modi e parole lontanissimi dal mio sentire, che trovo irritante, demagogico, persino stupido. E che pure avrei votato, se fossi ancora residente in città. Non starò a spiegare il perché, credo si capisca. Sono stato felice non tanto della sua personale elezione, ma del risultato globale delle amministrative, della sconfitta di una destra impresentabile e imbecille, in tutta Italia e qui a Napoli in particolare, dove l’infimo livello generale della classe politica tracima, in questa destra, nella migliore delle ipotesi in personaggi da commedia dell’arte, in quella peggiore in figuri da sceneggiata, da angiporto, da casa circondariale. Non che a sinistra brillino i novelli Parri e Calamandrei, anzi. Ma tra un tagliagole ed un borseggiatore si sceglie di evitare il primo. Qui poi c’era il gendarme, coi baffoni, la divisa e la voce tonitruante. Il borseggiatore si è dileguato, è rimasto il gendarme di fronte al tagliagole. Lo abbiamo invocato, adesso è sindaco. Ha “scassato”.

Spero di sbagliarmi. Ecco l’espressione su cui mi gingillo da un po’. Lo schema retorico è classico: si fa un’operazione critica, si allertano gli interlocutori sui rischi, i pericoli probabili di una certa situazione, gli indizi evidenti di questi pericoli. E si dice però: spero di sbagliarmi.

Quante volte è davvero sincera quest’espressione? Quante volte è anch’essa una forma insidiosa di retorica? Quante volte l’ho usata avendo più a cuore il  narcistico desiderio di vedere riconosciuta la giustezza della mia analisi (vedete che avevo ragione? Frase impronunciabile, inelegante, retropensiero incontenibile) piuttosto che quello di vedere le cose andar bene, meglio di come si temeva.

E allora dico e mi dico: no, questa volta lo spero davvero, faccio uno sforzo e privilegio l’aspettativa ottimista, la bontà tonta. Spero che Napoli abbia un buon sindaco, che sia non solo onesto (siamo tutti bravi ad esserlo: basta non fare nulla), ma soprattutto capace. Che sia più bravo a fare che a dichiarare. Che sappia essere umile più che narciso. Che parli poco e agisca molto. Che trovi soluzioni e non nemici. Che sappia coltivare la pazienza del riparare più del furore dello scassare. Lo spero davvero.

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Epilogo

Finisce oggi il frizzante capitolo elettorale di questo paese di santi navigatori e candidati. E finisce, da queste pagine, con un manifesto elettorale che mi sono a bella posta tenuto conservato per l’occasione. Trattasi di un irsuto candidato napoletano che sosteneva Lettieri, dal cognome fortemente evocativo. Speravo in cuor mio che avrebbe avuto significative risonanze simboliche. E così è stato. Arrivederci e forza Italia.

Addio (manifesto elettorale del candidato Gennaro Addio)

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Grazie un piffero

A Napoli, quartiere Chiaia- San Ferdinando, per ringraziare i generosi elettori che hanno riconfermato alla municipalità la maggioranza di centrodestra, Gianni Lettieri, candidato sindaco, e Fabio Chiosi, presidente della suddetta municipalità, hanno trovato una strepitosa modalità. La potete vedere sotto, in varie forme. E’ una potente metafora dei concetti di rispetto della legalità, salvaguardia del decoro urbano, attenzione della classe politica ai bisogni dei cittadini. E soprattutto, da parte del Partito dell’Amore, la manifestazione di un amore pànico per la città ed il quartiere che li ha premiati. Vogliono ringraziarlo, questo quartiere, e per farlo avvolgono in un abbraccio avvolgente fatto di carta colla e passione ogni centimetro quadrato libero del paesaggio urbano. Mi piace pensare di avere scampato un pericolo. Avessi incontrato gli attacchini di Lettieri e Chiosi mentre lavoravano così alacremente di secchio e spazzolone, non dubito che avrebbero ringraziato (immeritatamente) anche me, affiggendomi il loro manifesto addosso.

Manifesto di "Ringraziamento" del PDL attaccato su un lampione a Via Santa Lucia, Napoli

Manifesto di "Ringraziamento" del PDL attaccato su un lampione a Via Santa Lucia, Napoli

Manifesto di "Ringraziamento" del PDL attaccato su un lampione a Via Santa Lucia, Napoli

Manifesti di "Ringraziamento" del PDL attaccati su una saracinesca di negozio a Via Santa Lucia, Napoli

Manifesti di "Ringraziamento" del PDL attaccati su una grande affissione comunale a Via Santa Lucia, Napoli


Manifesti di "Ringraziamento" del PDL attaccati su campane della raccolta differenziata a Via Santa Lucia, Napoli


Manifesti di "Ringraziamento" del PDL attaccati su una grande affissione comunale a Via Santa Lucia, Napoli

Manifesti di "Ringraziamento" del PDL attaccati su una grande affissione comunale a Via Santa Lucia, Napoli

Manifesti di "Ringraziamento" del PDL attaccati su una saracinesca di negozio a Via Santa Lucia, Napoli

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Dualismi

Millenarie sapienze, tanto in oriente quanto in occidente, ci rivelano che la realtà è in gran parte costituita da opposizioni, antitesi, entità alternative. Che la diade dialettica arrivi ad una sintesi che le riconcili o che lo yin e lo yang trasmigrino e trasfigurino incessantemente l’uno nell’altro, nell’eterno ciclo cosmico, il concetto resta sostanzialmente quello, da Platone a Lao Tse.

due manifesti allineati, uno del candidato Marco Mansueto (pdl), l'altro del candidato Salvatore Guerriero (PD)

E alla perenne ruota karmica non è sfuggita la nostra campagna elettorale, complice il caso o una volontà forse superiore e benigna, forse prosaica e beffarda. Fatto sta che l’accoppiamento murale dei due candidati che vedete nella foto, sembra essere una pur minima eco della Legge Universale di cui sopra. Un candidato Mansueto ed un candidato Guerriero, appaiati e distinti. Polarità contrapposte, come del resto gli schieramenti cui appartengono.

Certo, fa riflettere il fatto che il politico berlusconiano sia Mansueto e quello del PD Guerriero. Ma è facile trovare il senso superiore di questa decisione del fato. Potrebbe essere altro che mansueto un esponente del Partito dell’Amore? Mansueto come il fedele ovino, pronto a seguire il Gran Pastore delle Libertà in ogni sua scelta. E, d’altra parte, come negare la bellicosa energia virile di un partito guidato da Rosy Bindi, che sostiene l’intervento militare in contrapposizione ai perplessi mansueti amici del Rais di Tripoli, e denso al suo interno di esponenti pronti alla pugna per far prevalere il proprio punto di vista?

Come vedete, ogni cosa ha il suo perché.

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Inclinazioni

Una evidente tendenza della comunicazione elettorale sui manifesti che si vedono a Napoli è quella che potremmo definire posturale. I candidati, non paghi di farsi fotografare con improbabili facce, in improbabili abbigliamenti con espressioni improbabilissime, si vedono spesso obliqui, inclinati verso un lato della cornice, come vedrete tra poco.

Misteriose le motivazioni di questo fenomeno bizzarro. Possiamo solo fare delle ipotesi sulle cause possibili. Ne facciamo tre:

  1. Diffusione dell’alcolismo nella categoria dei fotografi, che in stato di ebbrezza hanno scarso controllo sull’inquadratura;
  2. Diffusione dell’alcolismo nella categoria dei candidati (eccesso di libagioni in cene elettorali), con conseguenti problemi di equilibrio;
  3. Una deliberata, sapiente strategia di comunicazione volta ad indicare quasi subliminalmente quali siano le reali tendenze politiche del candidato, magari in contraddizione col partito nel quale si presenta.

Diamo provvisoriamente per buona -per democrazia cristiana, direbbe totò- la terza ipotesi. E passiamo in rassegna gli obliqui del primo gruppo:

Abbiamo qui un candidato di destra, anzi de La Destra, che tende invece molto a sinistra. Così come il candidato sindaco del terzo polo, centrale per antonomasia.

il candidato manna, pendente di una trentina di gradi verso sinistra il candidato del terzo polo pasquino, incline a sinistra

Ed eccoci invece alla tendenza contrapposta: altri due candidati di centro che però inclinano a destra. Il primo sembra quasi volere schivare il simbolo che gl’incombe sulla testa. Il secondo invece sembra voler correre via da un’ombra misteriosa che lo tallona (ipotizziamo possa essere il coiffeur per un ultimo ritocco alla cotonatura).

il candidato sangiovanni, inclinato a destra il candidato Ranavolo, di fli, tendente a destra

Ecco infine due varianti particolari e speculari nel gioco di angolature e diagonali. In comune hanno il fatto di ricordare quei cagnolini dalla testolina basculante che negli anni 70 si usavano mettere sul retro delle automobili. Qui l’espressività è più contenuta ma non meno efficace. In particolare, il secondo, del PD, sembra esprimere una drammatica tensione. Forse si trova sul ponte di una nave nel mezzo della tempesta e cerca di mantenersi all’impiedi. La mano che afferra la balaustra ha un aspetto polipoide, piuttosto inquietante. L’uomo potrebbe da un momento all’altro trasformarsi in un mostro marino, magari nel cattivo dei Pirati dei Caraibi. Un monito per coloro che giudicano troppo tiepida la politica del partito di Bersani.

il candidato farina di fli, dal collo reclinato verso destra il candidato esposito, del pd, in una strana postura obliqua, si regge con una mano al bordo della scritta

manifesto elettorale del candidato parrella, con numerose scritte policrome 'sostienimi'

Ma, colpo di scena, un ulteriore reperto ci costringe all’ultimo momento a modificare la nostra ipotesi iniziale.

Quest’uomo chiede soccorso. Non si fa fotografare perché probabilmente sta per rovinare al suolo, e lo farà se non ci precipitiamo a sostenerlo. L’alcolismo dunque, piaga dei nostri tempi, è all’origine di tutto. E’ necessaria una drastica purificazione della nostra corrotta società, vittima del vizio.

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Un candidato piccante

Il candidato Antonio Esposito, la cui faccia emerge da una fitta siepe di peperoncini rossiE’ una buona idea immettere degli elementi che diano sapore ad una campagna elettorale talvolta insipida, o che sa di minestra riscaldata.

Il candidato qui raffigurato, ispirandosi senz’altro a modelli rinascimentali, con un tocco di Arcimboldo, emerge da un fitto boschetto di peperoncini piccanti, suggerendo così la sua ricetta per vivacizzare la politica locale. Il suo pensoso volto s’integra perfettamente alla caustica cornice: pare infatti rappresentare sensibilmente l’essenza stessa del puparuolo.

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