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Parole

Questo è un periodo nel quale si affollano avvenimenti pubblici da prima pagina che in qualche modo mi riguardano, che mi sono fisicamente prossimi. Io vivo al centro di Napoli e lavoro spesso a Pianura. E, nel difficile momento anche personale che sto attraversando, non mi è facile “commentare” gli eventi pur così vicini alla mia vita. Mi è difficile in genere, per l’orrore che ho delle retoriche, dei luoghi comuni, delle indignazioni e rabbie a un tanto al chilo, delle sicumere di chi ha capito tutto.
Anche per questo, forse, mi è piaciuto particolarmente l’articolo che Raffaele La Capria ha scritto oggi sul Corriere della sera.

Io so. Così iniziava un famoso articolo di Pasolini. Lui sapeva o presumeva di sapere, insomma aveva un’idea precisa nella testa di quel che era il Palazzo del potere. Ma io come posso cominciare questo articolo sulla monnezza a Napoli, come posso se non con un accorato: Io non so.
(…)
Tempo fa, più di dieci anni fa, avevo scritto: «Napoli è una città intellettualmente vivace, dicono. Mostre, convegni… poi esci dalla mostra e dal convegno e ti ritrovi con sdegno in una strada così lontana dalla cultura a causa della lordura, che inevitabilmente sei portato a pensare: Ma non sarebbe meglio, in nome della cultura, cominciare prima a pulire il vico (vicolo) e poi occuparsi del Vico (autore de “La Scienza Nuova”)? » Ma questi sarcasmi che allora compensavano la mia indignazione oggi non bastano più, torna meglio quel detto di Nietzsche: «Nessuno mente più dell’indignato».
 

Questi sono solo un paio di passi, ma vale la pena di leggerlo tutto. Nella parte finale, La Capria si chiede come mai tutto il dichiarato e parossistico amore che i napoletani hanno per Napoli (e, aggiungerei io, il suo rovescio speculare, l’odio implacabile che spesso gli si accompagna o lo sostituisce, e che è fatto della stessa pasta retorica ed acritica) non li hai mai portati a riflessi responsabili, al di là delle retoriche delle indignazioni e dei cinismi rassegnati.
E’ una domanda fondamentale, credo. Che dovrebbe portare a riflettere su certi atteggiamenti diffusi, che si esemplificano nei concetti tipo “Napoli è anche altro”, ”Napoli non è solo camorra”, nei giornalisti e nei politici partenopei che si indignano con tipico riflesso sciovinista quando chiunque non sia napoletano osi parlare criticamente di Napoli camorra monnezza e degrado, (versione “alta”) o, (versione “bassa”), nell’immagine da incubo, su cui non si è riflettuto secondo me abbastanza, di Gigi D’Alessio che brucia sul palco la copia dell’Espresso con il famoso reportage di  Giorgio Bocca.
Tutto questo meriterebbe una riflessione lunga, che ora non mi sento di affrontare. La butto lì, per ora, come avete letto. Varrà la pena di ritornarci, se sopravviveremo a queste giornate.

Vedi anche:

Freddezza giornalistica

L’anno comincia bene, dal punto di vista dell’originalità nelle notizie.

Al TG2 di stasera (20.30) apprendiamo che l’Italia è nella morsa del gelo.

Ne siamo costernati. Attendiamo con ansia le evoluzioni della colonnina di mercurio e le fondamentali raccomandazioni degli esperti per evitare insidiose malattie da raffreddamento, quali il non esporsi al gelo ed il coprirsi bene.

Vedi anche:

Accentuazioni

Giorni di Nobel, questi. Sono una quarantina d’anni che dico Nòbel, con l’accento sulla o. E da quasi altrettanti ho un automatico moto di sdegnato sopracciglio ogni volta che sento qualcuno dire Premio Nobèl. Mi ha sempre fatto l’effetto di certe antiche zie che volevano fare le sofisticate e pronunciavano i nomi di famosi attori hollywoodiani francesizzandoli (Anfrì Bogàrt, Robèr Misciùm, Caterìn Ebùrn e via dicendo). C’era una conoscente di Flaiano che parlava di Tolstoi chiamandolo Tolstuà.
Eppure la mia tracotanza linguistica ha oggi subito uno smacco. Dopo aver sentito l’ennesimo giornalista -del tg2, figurarsi…- che diceva  “è stato assegnato il Nobèl per la pace ad Al Gore”, mi sono deciso a fare un ricerchetta su Google, non avendo un dizionario a portata di mano. Ahimè, pare che abbia passato una vita ad iAchille Campanilenarcare inutilmente il sopracciglio. Pare che si dica proprio Premio Nobèl. Per consolarmi, e per fare penitenza (l’ho trascritto a mano, non avendo lo scanner) ho ripescato un pezzo del 1965 di Achille Campanile sull’argomento accenti e televisione. Trovo che sia, scusate l’iperbole, assolutamente meraviglioso. Ed assolutamente esilarante (ogni volta che lo rileggo, rido da solo). E’ lunghetto, e non ho avuto cuore di tagliarlo. Ma vedrete che vale la pena di leggerlo.

LE OPERE E I FIERI ACCENTI

Una delle prime gigantesche opere della TV è quella della bonifica integrale del linguaggio, di cui il benemerito sodalizio si accolla volontariamente l’immane pondo fin dal suo primo apparire.
Nel riquadro di tale meritorio compito, di cui darò piena contezza nelle mie pagine olezzanti di lucerna, come quelle di Demostene, rientra lo

SPOSTAMENTO DEGLI ACCENTI

operato su larga scala. Vecchi accenti che da anni e talora da secoli riposavano indisturbati sulle posizioni occupate, in un neghittoso sonno e in un’immobilità da cui si sarebbe detto che niuno mai sarebbesi azzardato a toglierli, vengono audacemente rimossi e spostati a viva forza su altre sillabe. Chi viene fatto avanzare, chi indietreggiare. Chi si ferma è perduto.

L’ESERCITO ATTACCANTE

Per tale opera la TV si serve precipuamente d’una truppa d’assalto, composta di guastatori scelti, detti leggitori, Read more »

Vedi anche:

Dialettiche democratiche

Su Grillo e il V-Day (argomento abbondantemente inflazionato), aggiungo solo un paio di osservazioni poi taccio.

La prima:

Delle tante sciocchezze, per così dire, che sono uscite dalla bocca del comico genovese sulla pubblica piazza, una, riportata da giornali e tv come particolarmente divertente, merita una piccola riflessione.
Riferendosi a Mastella, che pare gli abbia risposto sul proprio blog, Grillo si stupiva ironicamente. Pensate, un ministro che risponde con sollecitudine ad un comico… Ma ve lo immaginate Gordon Brown in Inghilterra che dialoga con Mister Bean?.. (risate del pubblico)... Ma vaffa…!
In sintesi, e se non mi è sfuggito qualcosa, magari non ho capito l’ironia, il succo è questo:

- Tu, politico, sei uno stronzo e magna magna, un esponente della casta che è il cancro della democrazia, sei arroccato nella tua torre di privilegi, staccato dal sentire vero del paese che io ho portato su questa piazza, a centinaia di migliaia. Ed hai col tuo indulto messo in libertà moltitudini di criminali… Io, noi, combattiamo te ed i tuoi pari, come possiamo, con leggi di iniziativa popolare. Stiamo facendo una battaglia politica tutti noi qui.
- Ok, ti rispondo. Non sono daccordo, dici cose sbagliate, il tuo collega comico Benigni mi elogia per quello di cui tu mi accusi….
- Ehi! Ma che fai, rispondi ad un comico? (non si capisce se Benigni o Grillo, ndr. S’è offeso per la qualifica? O pensa che un ministro debba far altro che rispondere a Benigni o a lui?) Cose da pazzi! Queste cose succedono sono in Italia!…  Ma allora sei davvero stronzo!

In pratica, è fatale: sei comunque stronzo. Come il lupo che si mangia l’agnello. Anche se lui sta a monte del fiume, lui comunque l’agnello se lo magna. Dio mi perdoni per aver paragonato Mastella ad un Agnello. Di questo sei stato capace, Grillo! Di farmi prendere le parti di Mastella! Sei un essere perverso…. E, aggiungo magari tu fossi come Mister Bean. (E magarissimo Mastella fosse come Brown).

La seconda, che riguarda più che Grillo, una certa informazione:

Primo piano, rubrica del Tg3. Argomento: Grillo, l’antipolitica, i girotondi, i movimenti.
Ospite in studio: Pancho Pardi.
Ospite in collegamento: Marco Travaglio.
Una domanda tra le tante di tenore analogo:
Mannoni: Secondo voi, Grillo è un qualunquista?
Pardi: Tutt’altro, non mi sembra proprio…
Travaglio: E’ il contrario del qualunquismo….

Mi sono immaginato una trasmissione analoga, mettiamo, su Fidel Castro.
Ospite in studio: Chavez; ospite in collegamento Gianni Minà.
Domanda: secondo voi, Castro è un dittatore?

Vedi anche:

God bless anyone but you stupid bastard

Sempre a proposito di morti ammazzati e sul suo modo di trattarli (o meglio, di utilizzarli, in realtà, per trastullarsi con altro) nella comunicazione.
Sul suo Blog, Matteo Bordone ha scritto uno splendido post, che sottoscrivo integralmente. Parte da un editoriale di Christian Rocca sul Foglio, che, nell’affrontare la strage in Virginia, intitola il suo pezzo “L’America è un po’ pazza” e conclude dicendo.

L’America è Blacksburg o Columbine, ma è anche la società più vitale del pianeta e l’unica capace di prendersi sulle spalle il peso del suo e del nostro futuro.

Io, nel post di Bordone, ho lasciato un commento, che vi riporto qui. Perchè per me l’argomento è uno di quelli che da un po’ di tempo ritornano quasi ossessivamente.

Penso che nel caso di Rocca (e di Ferrara) ci troviamo di fronte ad un desolante fenomeno psicologico, tipico di molte persone dall’intelligenza acuta ed inquieta (ma anche, di riporto, di parecchi stupidi). Si comincia con lo stigmatizzare -giustamente – le banalità conformistiche, gli automatismi mentali ideologici, le frasi fatte, lo scarso uso del ragionamento, la faziosità, si prosegue con l’atteggiamento “controcorrente” di default, si approda alla acritica faziosità speculare, avendo fatto il giro completo. Alla fine ci si sente comunque molto intelligenti e molto etici, senza un particolare sforzo cognitivo. Esattamente come quelli da cui ci si voleva differenziare.

Vedi anche:

Giornalismo lirico

TG2 delle 13 di oggi, nei titoli (non l’ultimo):

“Forse individuata la causa delle stecche dei tenori: gli scienziati la attribuiscono al reflusso esofageo”

Meno male.

Vedi anche: