Tag: morte

Perdenti assassini

Manifesto della RSICapita, talvolta, che in un breve giro di tempo, arrivino uno dopo l’altro, attraverso canali differenti, parole, segnali che sembrano appartenere tutti allo stesso discorso, allo stesso senso, che sembrano voler dichiarare le stesse ipotesi, le stesse possibilità.

E quando quei segnali riverberano alcune delle proprie ossessioni personali, quelle parole risuonano ancora più sonore, più evidenti nel loro senso sincronico. A me è capitato da poco: tre incontri casuali nel giro di pochi giorni con lo stesso fantasma. Li riporto qui.

1. Domenica scorsa, durante la trasmissione su La7 di cui parlavo nel mio post precedente (Niente di Personale, condotta da Antonello Piroso), a un certo punto erano in studio, assieme, Alberto Franceschini, capo storico delle Brigate Rosse, e Mario Tuti, estremista di destra pluriomicida e pluriergastolano. Si parlava dei loro percorsi, e delle motivazioni che li hanno spinti a fare ciò che fecero. (Qui il video integrale)

Antonello Piroso: Franceschini ha detto: volevamo fare la rivoluzione…. Nel vostro caso, i neofascisti… che cosa volevate?

Mario Tuti: Noi non volevamo conquistare lo stato. Noi -la cosa può sembrare folle- ci sentivamo defraudati dalla sconfitta del 45…. Noi ci richiamavamo alla sconfitta. Non pensando di poter volgere quella sconfitta in una vittoria, ma come testimonianza. Non c’eravamo. Volevamo esserci anche noi… A me in quegli anni… mi fosse venuto come Faust, Mefistofele, m’avesse chiesto cosa volevo…. avrei chiesto di poter essere stato fucilato anch’io nell’agosto del ’44 in Santa Maria Novella, come racconta Malaparte…. lì furono fucilati i fascisti che avevano difeso Firenze. Era quella la mia aspirazione.

2. Oggi, leggo sul Mattino la recensione di Guido Caserza all’ultimo libro di Hans Magnus Enzesberger, Il perdente radicale. Ne riporto qualche stralcio.
Read more »

Vedi anche:

Qualcuno tirerà un sospiro di sollievo

Piergiorgio WelbyHo scritto questo post stamattina, appena letta la notizia sul sito tgcom, che allora e tutt’ora dichiara che Piergiorgio Welby è morto ieri per “cause naturali”. 

Scrivevo: Qualcuno tirerà un sospiro di sollievo. Qualcuno ipocritamente -un problema di meno-, qualcun’altro per empatia.

Poi ho appreso che in realtà un medico ha “staccato la spina”.  Per coloro che come me appartengono alla seconda categoria, a quelli cioè che hanno provato sofferenza per immedesimazione e rabbia per quanto si è sentito in queste settimane (vagoni di ipocrisia, indifferenza o concreto sadismo spacciati per moralità) resta il sollievo. Sincero. E la speranza concreta che la sua lotta sia servita davvero.

Vedi anche:

Il presente vale anche per ringraziamento

Questo è il racconto che è stato finalista al Premio Loria 2006. Ora è incluso anche nella raccolta uscita per le edizioni APM. Chi fosse interessato, puo richiederla qui.

Aldous Huxley fotografato da Cecil BeatonC’è un gran fiorire di resurrezioni, ultimamente in giro. Succede che la gente a un certo momento muore, spegnendosi serenamente, circondata dall’affetto dei suoi cari che affranti lo annunciano a tipografi e a sportelli necrologici, e fin qui tutto normale. I morti se ne stanno buoni a letto per un po’, tra i pianti e le parole sottovoce, il volteggiare di tazzine di caffè, i primi cauti pensieri sulle procedure d’eredità, i calcoli, le strategie d’azione che cominciano a costruire nella penombra le basi per i futuri conflitti familiari. Si scelgono legni e rifiniture, si apre alla porta, si risponde al telefono, il portone è mezzo chiuso e ci siamo scordati di avvertire Zia Titina quando sul più bello, quando sta per arrivare la cassa, una voce remota e fin troppo familiare dice di aspettare un momento, che si erano tutti sbagliati, e al diavolo le banche, i fioristi e Zia Titina, e per il momento continueranno a volersi tutti bene, mentre un disturbo neurovegetativo li lambisce ad uno ad uno lasciandogli una debolezza alle ginocchia. Il moto delle tazzine di caffè, come per un arcano fenomeno gravitazionale, cambia drasticamente figura ed intensità. Dapprima soggiace ad un arresto repentino, congelandosi davanti a bocche semiaperte o sotto caffettiere immobili che le riempiono fino a farle traboccare, poi abbraccia il caos entropico delle cadute e frantumazioni sul pavimento, dei lanci a seguito di scottatura e degli acrobatici recuperi volanti, infine riprende orbite regolari ma più veloci e quasi frenetiche, molte delle quali convergono in direzione della ex buonanima, che peraltro di un caffè sembra proprio avere bisogno, o forse proprio no, chissà.

Read more »

Vedi anche:

Ciao Luca

Luca Coscioni Oggi, Luca Coscioni se n’è andato.

Vedi anche: