25 giugno 2010 by Marco
Prologo.
Anni fa, certamente prima dell’11 settembre 2001, quando i talebani imperversavano in Afghanistan, e si moltiplicavano gli appelli umanitari, di solidarietà soprattutto alle donne umiliate, torturate, uccise, proprio in quel periodo collaboravo con un istituto “culturale”, qui a Napoli. Ogni lunedi ci si riuniva per definire i programmi, gli eventi da organizzare eccetera. Uno di questi lunedi, una ragazza, laureata in sociologia, mi racconta il contenuto della conferenza che avrebbe dovuto tenere lì, dopo un paio di giorni. In sintesi, affermava che, al di là delle superficiali apparenze, la condizione delle donne afghane era pressoché identica a quella delle donne occidentali. Entrambe vittime, sebbene in forma differente, del potere maschile, dell’oppressione sociale.
Naturalmente trasecolai, e le chiesi se non si fosse spinta un po’ troppo in là con il paradosso, con la provocazione. Mi rispose sorridendo, con l’aria compiaciuta di chi l’ha fatta grossa ma è sicura di passarla liscia, che no, non c’era nessun paradosso, nessuna provocazione. Lei davvero pensava quello. Mi guardai intorno aspettandomi stupori analoghi al mio. Invece, in quel gruppo di benestanti signore di buona famiglia e di migliori principii progressisti, di giovani e meno giovani volontari pieni di ardore, cultura e idealità, si mormoravano cose tipo “vabbè, magari è un po’ esagerato, ma in fondo… la società dei consumi, ‘sti americani… pure qua stiamo inguaiati, che mondo, che schifo… va sempre peggio…”

Fine del prologo.
Qualche giorno fa ho partecipato, come esponente della comunità degli scriventi, ad una manifestazione organizzata da alcune case editrici contro il ddl Alfano sulle intercettazioni, dedicata alla Libertà d’espressione. Si trattava di Read more »
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8 gennaio 2008 by Marco
Questo è un periodo nel quale si affollano avvenimenti pubblici da prima pagina che in qualche modo mi riguardano, che mi sono fisicamente prossimi. Io vivo al centro di Napoli e lavoro spesso a Pianura. E, nel difficile momento anche personale che sto attraversando, non mi è facile “commentare” gli eventi pur così vicini alla mia vita. Mi è difficile in genere, per l’orrore che ho delle retoriche, dei luoghi comuni, delle indignazioni e rabbie a un tanto al chilo, delle sicumere di chi ha capito tutto.
Anche per questo, forse, mi è piaciuto particolarmente l’articolo che Raffaele La Capria ha scritto oggi sul Corriere della sera.
Io so. Così iniziava un famoso articolo di Pasolini. Lui sapeva o presumeva di sapere, insomma aveva un’idea precisa nella testa di quel che era il Palazzo del potere. Ma io come posso cominciare questo articolo sulla monnezza a Napoli, come posso se non con un accorato: Io non so.
(…)
Tempo fa, più di dieci anni fa, avevo scritto: «Napoli è una città intellettualmente vivace, dicono. Mostre, convegni… poi esci dalla mostra e dal convegno e ti ritrovi con sdegno in una strada così lontana dalla cultura a causa della lordura, che inevitabilmente sei portato a pensare: Ma non sarebbe meglio, in nome della cultura, cominciare prima a pulire il vico (vicolo) e poi occuparsi del Vico (autore de “La Scienza Nuova”)? » Ma questi sarcasmi che allora compensavano la mia indignazione oggi non bastano più, torna meglio quel detto di Nietzsche: «Nessuno mente più dell’indignato».
Questi sono solo un paio di passi, ma vale la pena di leggerlo tutto. Nella parte finale, La Capria si chiede come mai tutto il dichiarato e parossistico amore che i napoletani hanno per Napoli (e, aggiungerei io, il suo rovescio speculare, l’odio implacabile che spesso gli si accompagna o lo sostituisce, e che è fatto della stessa pasta retorica ed acritica) non li hai mai portati a riflessi responsabili, al di là delle retoriche delle indignazioni e dei cinismi rassegnati.
E’ una domanda fondamentale, credo. Che dovrebbe portare a riflettere su certi atteggiamenti diffusi, che si esemplificano nei concetti tipo “Napoli è anche altro”, ”Napoli non è solo camorra”, nei giornalisti e nei politici partenopei che si indignano con tipico riflesso sciovinista quando chiunque non sia napoletano osi parlare criticamente di Napoli camorra monnezza e degrado, (versione “alta”) o, (versione “bassa”), nell’immagine da incubo, su cui non si è riflettuto secondo me abbastanza, di Gigi D’Alessio che brucia sul palco la copia dell’Espresso con il famoso reportage di Giorgio Bocca.
Tutto questo meriterebbe una riflessione lunga, che ora non mi sento di affrontare. La butto lì, per ora, come avete letto. Varrà la pena di ritornarci, se sopravviveremo a queste giornate.
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