Tag: ricorrenze

Camera oscura

Blow-upBergman Antonioni sono morti a poche ore di distanza l’uno dall’altro. Il povero Michel Serrault, anch’egli dipartito in questi giorni, è stato un piccolo vaso di coccio tra due colossali anfore di bronzo, in quanto ad attenzione dei media.
A rischio di accodarmi ai necrologi di circostanza, vorrei spendere qui due parole per l’occasione. Di Bergman confesserò di poter dire davvero poco. Ognuno ha le sue lacune. Io ad esempio, non ho (ancora) letto Proust. E non ho praticamente mai visto un film di Bergman. Ma ho intenzione di colmare la lacuna, con tempo e pazienza. E mi fido degli esperti e degli amici. Come questo.
Ma su Antonioni voglio, devo dire qualcosa. Ognuno, credo, ha la sua piccola lista di film (e di libri, di canzoni, di dischi) che gli hanno cambiato la vita. Quelle esperienze che si fanno in adolescenza e che segnano definitivamente il tuo modo di guardare il mondo, di sognarlo, di esprimerlo. Per me, uno di quei film, visto quasi immediatamente dopo 2001 (che è il primo della lista), è senz’altro Blow Up. Ricordo perfettamente quella scassatissima e microscopica sala (“Cinema Italnapoli”), specializzata in rock movies, recuperi di terza visione e “cinema d’essai” dalla quale uscii stupefatto e stravolto, alla fine della partita di tennis senza palla. Analogamente al film di Kubrick, questa esperienza obliqua, onirica,  misteriosa, piena di silenzi, di suoni e di immagini memorabili, totalmente immersa nel periodo ed allo stesso tempo astratta, atemporale, mi aveva aperto una porta della testa. Anni dopo, avrei scoperto che la storia era ispirata ad un racconto di Cortázar (quello che ha regalato il nome a questo blog, uno scrittore che amo incondizionatamente). E tutto mi sembrava tornare, in una corrispondenza sincronistica. A differenza di Kubrick, Antonioni non ha sempre sfornato film folgoranti come quello, e i suoi limiti, oggi, sono facili da individuare. Ma film come Professione Reporter e probabilmente altri (che neppure ho visto, e che oggi ho più desiderio di vedere), restano per me delle piccole zone di luce, diamanti muti e risplendenti che servono ad indicarti la strada quando fa buio, quando non sai dove andare. Il bello è che le strade che ti indicano non sai dove ti portano, sono sghembe, tortuose, innecessarie, e ti sembra di essere più confuso di prima. Ma emozionato e vivo.

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When I’m 65

Brian WilsonAvevo cominciato con Bacharach, che peraltro è nato il mio stesso giorno.
Proseguo quindi con la serie dei festeggiamenti dei membri adorati del mio personalissimo Pantheon.

Oggi, compie 65 anni Brian Wilson. Ed è lucido, attivo ed in buona salute. Tutte cose che anni fa nessuno avrebbe creduto probabili. Ci ha regalato alcune tra le cose più belle di sempre nell’ambito della musica pop. Un genio, una creatura sempre in bilico tra la felicità (la sua, discontinua, e la nostra) e il dolore. Una persona che non posso fare a meno di amare. Auguri. 

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Il dovere dell’ovvietà

Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band

Esistono eccezioni -pochissime- alla diffidenza che istintivamente nutro per gli eventi, i personaggi, gli oggetti che hanno un apprezzamento eccessivamente ecumenico, condiviso da chiunque e senza eccezioni, luoghi comuni della cultura di massa. I Beatles sono l’eccezione numero uno. Di fronte a loro ed al loro capolavoro (di cui oggi ricorre il quarantennale) posso solo dichiarare il mio assoluto, incondizionato, appassionato amore. Che dura praticamente da quando sono nato. Nulla da aggiungere. Talvoltà l’ovvietà è indispensabile. E può salvarci la vita.

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I say a little prayer

Oggi, 12 maggio, è una giornata un po’ particolare.
79 anni fa, nasceva Burt Bacharach. Un uomo che ha reso spesso le mie giornate più felici, uno di quelli al vertice del mio personalissimo pantheon.
Nello stesso giorno, trentasei anni dopo, molto più modestamente, nasceva lo scrivente umilissimo titolare del presente blog.
Nei momenti di sconforto, questa piccola coincidenza mi regala una minima consolazione. Ma oggi non è il caso di sconfortarsi. Auguri!

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Prendersi cura di se stessi

Questa non è una recensione.

Non so bene che tipo di post sia questo che state leggendo. Se sia qualcosa di molto personale oppure pubblico. E’ molto strana per essere la recensione di un libro, ma non è precisamente una pagina di diario. Fate voi, per quel che importa.

Oggi è il compleanno della mia amica Rossella Milone.
Ho conosciuto Rossella qualche anno fa al laboratorio di scrittura di Antonella Cilento, ed è nato lì un rapporto di stima ed affetto, credo reciproci. Anche se non ci vediamo spesso, la considero un cara amica. E una bravissima scrittrice.
Qualche mese fa, quasi un anno, è uscito per Avagliano il suo primo libro, Prendetevi cura delle bambine. Ne avevo parlato qui, in occasione delle prime presentazioni pubbliche. Mi ripromettevo di farle una bella, accurata, inevitabilmente tendenziosa -in positivo- recensione, ed un po’ di pubblicità, nel mio piccolo.
Prendetevi cura delle bambineL’avevo naturalmente subito comprato, il libro. Avevo cominciato a leggerlo. E, come previsto, mi stava piacendo molto.
Poi, per una di quelle imperscrutabili traiettorie della vita (o della psiche, fate voi), l’ho lasciato in sospeso, per tutti questi mesi. In verità ho attraversato in generale un periodo di scarse o nulle letture. La sera leggiucchiavo quattro righe frettolose del primo pezzo di carta che mi capitasse sottomano, e crollavo in un sonno faticoso.
Ogni tanto mi capitava di pensare a Rossella, o di sentirne parlare, da amici o in situazioni “pubbliche”. E un’onda d’imbarazzo prossimo al senso di colpa m’invadeva per un momento. Ma soprattutto di dispiacere. Mi sembrava di avere disertato. Di essere “sparito” proprio in un momento prezioso, in cui è importante, da chi in qualche modo ti è vicino, avere una conferma, un sostegno, o magari anche una critica costruttiva: cose che abbiamo sempre fatto, tra di noi.
Ma poi, quando mi sono reso conto che si avvicinava il 21 aprile, ho deciso di finirla con le pippe inutili. Ho ripreso il libro, e l’ho letto d’un fiato.
E’ strano: ho fatto un regalo a me stesso in occasione di un compleanno altrui. O meglio, Rossella lo ha fatto a me. Leggendo questi pochi essenziali racconti, scritti con una maturità di sguardo – mi viene da dire saggezza - sorprendente (per una generica esordiente ventisettenne, non per chi già la conosceva) ho ritrovato anche in qualche modo il piacere della lettura, quello che si era perso quando avevo lasciato quella copertina col quadro di Modigliani a decorare inerte il comodino.
Rossella è soprattutto brava a raccontare, con un economia espressiva eccezionale, luoghi, situazioni, stati d’animo e sentimenti, con pudica sensualità e con acutezza. Con tenerezza ed empatia. Le storie sono piccole storie di abbandoni, di ferite dolenti e bisognose di linimento, ma senza nessuna pesantezza. Storie di bambini e di adulti, storie credibili e vicine, nei quali la città difficile in cui viviamo, Rossella ed io, prende corpo discretamente dietro ai corpi dei personaggi, senza occupare militarmente la scena in maniera ricattatoria. Semplicemente vera, scevra di sociologismi, di psicologismi e di tutti gli ismi che sottraggono piacere e forza alla scrittura.
Mi piacerebbe entrare un po’ più nel dettaglio, parlare dei singoli racconti, estrapolare qualche brano, ma il tempo stringe e voglio mandare il link a Rossella prima che finisca questa giornata. Questa non è una recensione, l’ho già detto. Somiglia di più ad una strana lettera, ma non di scuse, come forse qualche volta ho pensato potesse essere.
E’ una dichiarazione di affetto. E una cartolina di auguri. Buon Compleanno.

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Panic

izzehG ocirnE

Ho bisogno di fare una premessa.
Non mi piace incazzarmi, fare il moralista, fare il fustigatore di costumi, l’indignato. E questo è uno di quei rari casi in cui combatto con un’onda emotiva forte, personale. Sono tentato da tutte quelle cose che in genere tento di evitare. Ho voglia di incazzarmi davvero, e di prendermela personalmente con qualcuno. Cercherò di non farlo. Ma non ho intenzione di nascondere il mio stato d’animo.
In questi giorni, si festeggiano i 18 anni di Blob. Tutti a celebrare, dagli addetti ai lavori fino a Prodi e Berlusconi che inviano messaggi ammantati di compiacente circostanza. Fin qui tutto normale. Anch’io, in generale, sono stato e sono uno spettatore di questa rivoluzionaria trasmissione, che mi ha regalato di tempo in tempo momenti di divertimento, di inquietudine e di irritazione.
Ma succede questo: è stata realizzata un trasmissione speciale per l’anniversario, presentata in gran pompa ieri. Il titolo è Don’t panic. La frase riprende quella pronunciata dall’assistente del tesoriere della Pennsylvania, Budd Dwyer, quando quest’ultimo si suicidò sparandosi in bocca in diretta televisiva. Quel filmato fu passato su Blob in prima serata, integralmente, e fu uno dei momenti “topici”, per così dire della sua storia.

Qui devo fermarmi e aprire una parentesi del tutto personale. Read more »

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